Marchiondelli

La censura di Google alla pedopornografia

 

Google ha annunciato di voler impedire la ricerca di contenuti legati alla pedopornografia. Una mossa lodevole di cui tutti i giornali parlano, per cui non ripeterò i dettagli della notizia.

Il comunicato Ansa riporta i dettagli: Si comincia con l’inglese, poi nel giro di pochi mesi la censura sarà estesa ad altre 158 lingue.

Voglio subito chiarire un punto: Sono estremamente favorevole ad ogni tipo di contributo si possa dare alla lotta contro un fenomeno che trovo aberrante. Come sono a favore di pene severe e certe per chi commette dei delitti che abbiano come vittime i bambini. Chiaro?

Chi mi conosce lo sà. Chi non mi conosce può cercare su questo blog e sul mio profilo Facebook i tanti articoli o commenti che ho fatto contro la pedofilia e lo sfruttamento  sessuale (ma non solo) dei minori.

Qualche volta sono andato concretamente a denunciare.

devo scriverlo a caratteri cubitali?

ecco:

 

Sono contrario alla pedopornografia

 

 E allora, che problema c’è?

 

Il problema è che google si trova in una posizione dominante senza precedenti nella storia. Anche se il loro motto è “Don’t be Evil” (non essere malvagio) ci sono molte persone autorevoli preoccupate per quella che hanno battezzato la googlizazzione di ogni cosa.

Siva Vadyanathan è una di queste. Professore di studi mediatici e legge all’università della Virginia,  ci ha fatto pure un libro con quel titolo, in inglese: The Googlization of Everything: (And Why We Should Worry)

Nel libro esplora proprio le conseguenze della massiccia adozione di google da parte di tutti noi e di come, anche alla luce del recente comportamento della azienda in cina, sia necessario riflettere su alcuni aspetti di questa predominanza. Propone un ecosistema internet di cui ognuno tragga beneficio e, al tempo stesso, si salvi una azienda brillante e importante come google dal cadere nelle pieghe della malvagità che dichiara di combattere.

Ed Eli Pariser ci ha parlato spesso delle gabbie in cui i filtri di google ci rinchiudono. Le filter bubbles di cui parla, qui in questo video, per esempio.

 

Google in Cina

 

Nel 2010 Google denuncia in un comunicato stampa, di essere stata oggetto di pesanti attacchi da parte di hacker in Cina.

Attacchi rivolti in particolare alle caselle Gmail di attivisti per i diritti umani cinesi.
L’azienda decide di abbandonare il ricco mercato cinese e trasferisce i suoi uffici ad Hong Kong.

Di recente, Eric Schmidt, amministratore delegato di Google,  in una conferenza tenuta dopo alcuni incontri con dirigenti del governo cinese, invita la cina a permettere un uso più libero di internet.

Un invito a cui i cinesi replicano dicendo che dopo lo scandalo datagate, in cui l’azienda di Schmidt avrebbe collaborato con la NSA per spiare i cittadini americani, Google ha ben poco da predicare. E dichiarano che l’azienda sia ipocrita e con una doppia faccia. (se foste curiosi, ecco un articolo in inglese del South China Morning Post)

Oggi l’organizzazione anticensura greatfire.org ha annunciato di aver creato dei siti paralleli (mirror, per i tecnici) che permettono alla popolazione cinese di consultare Google, Reuters e il Wall street journal.

Il guanto disfida lanciato al governo cinese non consiste solo nella possibilità di accedere a qui siti, ma nel fatto che, per bloccare questi accessi, la Cina dovrebbe impedire (e quindi chiudere) l’accesso ai domini amazon.com e google.com.

Sembrerebbe quindi che di Google ci si possa fidare: Combattono per la libertà di informazione dei cinesi, perché non dovrebbero farlo per la nostra? vero?

Il problema è che…

 

La pedopornografia (o altre cose, come il terrorismo, il traffico d’armi, la droga, il razzismo) non si combattono impedendone di parlarne, di fare una ricerca, di leggerne.

Non si combattono nemmeno con lo spionaggio e monitoraggio automatico e indiscriminato dei cittadini, come nel caso di PRISM.

Una sistema di lotta che mi ricorda tanto Philip K. Dick e il suo racconto “rapporto di minoranza”, diventato famoso nella sua trasposizione cinematografica, Minority report.

Nel racconto grazie ai precog, persone dotate del potere di prevedere il futuro, la polizia riesce a impedire i crimini prima che siano commessi. Non viene punito il reato (perché non avviene mai) ma l’intenzione di commetterlo.

Un domani Google, per conto suo, o per pressioni puramente commerciali, potrebbe considerare opportuno censurare le ricerche che riguardano un qualsiasi altro argomento.

E a me non sta bene.

Non sta bene che Google o altri si prendano il diritto di dire cosa posso cercare, leggere, fruire. Non mi sta bene un sistema di censura  che potrebbe poi (o contemporaneamente) criminalizzarmi per qualcosa che non ho commesso, che non ho intenzione di commettere e che non commetterò mai.

Sia chiaro: sono contro la produzione di pedopornografia e di tutto ciò che implica. Ma non mi sta bene che Google, con lo stesso pretesto usato oggi (la lotta alla pedopornografia), mi impedisca di cercare informazioni o immagini di altro genere, sessuali o no.

Qualcuno potrebbe obiettare che comunque la pedopornografia è una cosa abietta. e io ribadisco, sono d’accordo.

Ma va punita, sradicata la produzione di materiale del genere.

OK. Certo, ora qualcuno obietterà che permettendo la ricerca si incoraggia la creazione di una offerta, e quindi la creazione di materiale per soddisfarla.

Conversando di questo argomento con  il mio amico Walter Vannini, validissimo consulente e persona di estrema lucidità di pensiero (non a caso il suo blog, Mind Spa ha per slogan “pensare efficace, agire efficace”), egli mi ha dato una risposta a quella obiezione, che era anche mia.

Walter infatti dice:

“Ma nessuno è obbligato a soddisfare quella richiesta. E nel momento in cui lo fa, che commette un reato e va perseguito”.

 

E mi ha convinto.

Credo che il terrorismo negli USA e la pedopornografia in europa siano usate come babau per immediatamente creare leggi, meccanismi, enti di controllo per limitare le nostre libertà. E non va bene.
Libertà che, ripeto, non è quella di commettere un reato, certo che no. Non sostengo che si debba essere liberi di sfruttare i minori, sessualmente o in qualsiasi altro modo, come non sostengo che si debba essere liberi di usare violenza a chicchessia, o di rubare, o di uccidere.

Ma devo sempre essere libero  di  parlare, leggere, informarmi, viaggiare. Nel mondo reale, analogico, e nel mondo digitale di internet, senza alcuna restrizione.

Non voglio la pedopornografia. Non voglio omicidi. Non voglio attentati.

Ma non voglio che si prenda la lotta contro questi o altri reati come pretesto per limitare le mie libertà civili.

Altrimenti hanno ragione i cinesi, e in google sono tutti degli ipocriti.