Marchiondelli

 

Ma quanti web ci sono? Se vi fate questa domanda è perché non sentite più parlare di web soltanto, ma di web 2.0, qualcuno dice web 3.0…

E allora quanti web ci sono? La risposta più rapida, semplice ed immediata che vi  posso dare è:

Quello che vi piace usare!

Troppo semplice? Meno di quello che credete. Continuate a leggere e capirete perché!

 

 

Cos’è il Web?

Il web è una ragnatela. Ma di cosa? Di computer, penserete voi, vero?

no!

Quella è una semplice RETE, network in inglese.

E non è nemmeno l’interconnessioni di reti, questo è internet, appunto

Il Web è una ragnatela di contenuti.

Non a caso il suo papà, Tim Berners Lee, nel pensarlo, creò i linguaggio HTML, acronimo che sta per Hyper Text Markup Language (Linguaggio per contrassegnare ipertesti).

Questo linguaggio permette di collegare tra loro documenti di testo, creando una ragnatela (il web!) di riferimenti. Sono i famosi e noti link che siete oramai abituati ad utlizzare

 

Il web 1.0

Nasce nel 1991 il 6 agosto precisamente, con il primo siti online creato da Tim Berners Lee, ma è solo nel 1993 che diventa pubblico quando il 30 aprile il CERN rende nota la tecnologia che lo anima.

web 1.0Per web 1.0 si intende proprio questo: una ragnatela documenti, non solo di testo, che l’utente può leggere, vedere, ascoltare.

Ma non ci può interagire.

Non c’è posto per il suo contributo.

Appartengono a questa categoria i siti “vetrina“: Siti (e blog) che non danno spazio al contributo degli utenti.

Il 70% dei siti web appartiene ancora a questa categoria, compresi i siti di E-commerce, dove l’unica interazione (e contributo!) possibile, dopo aver visionato un catalogo, è quella di mettere il prodotto in un carrello, pagare e farselo spedire. comunicazione a senso unico

Non c’è niente di male ad avere o creare un sito di questo genere. L’importante è capire che il tipo di comunicazione con il pubblico è limitata e, per quanto tecnologicamente sofisticata, non è diversa da quella che permetteva già duecento anni fa la carta stampata, con i giornali, cataloghi, cartelloni…

Una comunicazione a senso unico, che le persone, potenziali clienti, possono gradire, ed una parziale misura del loro gradimento saranno proprio le vendite che riuscirete a fare.

Nel web 1.0 , vi sentiranno coloro che vi conoscono e vogliono ascoltarvi e, se gridate abbastanza forte, forse riuscirete a catturare l’attenzione di qualche passante curioso: concretamente avete fatto un sito vetrina bello e ottimizzato secondo le tecniche SEO (Search Engine Optimitisation), quelle tecniche cioè che nel web permetteranno ai motori di ricerca di trovarvi, inserirvi nel LORO catalogo e offrire le vostre pagine ad un pubblico più ampio.

 

Il web 2.0

Può essere moto divertente anche il web 1.0. Divertente è utile. Ma è un web statico, fermo a concetti vecchi pur erogati con tecnologie moderne.

La prima a parlare di web 20. è  Darcy Di Nucci, consulente che scrivendo del primo dispositivo palmare che permetteva di fruire del web, utilizza questo termine per indicare una evoluzione che però è solo tecnologica.

Si parla di nuovo di web 2.0 nel 2002, ma sempre facendo riferimento a tecnologie che sono sì più potenti ma non ne cambiano la modalità e mentalità.

Solo nel  2004 si utilizza per la prima volta il termine WEB 2.0 col significato che è diventato oggi comune: Il web passa da STATICO a INTERATTIVO.

Ma cosa c’è di nuovo esattamente? Non le tecnologie, che si sono certamente evolute e sono diventate potenti e sofisticate.

web 2.0 interazione

Gli utenti possono  interagire, creando contenuti da condividere con altri utenti, arricchendo l’esperienza di ciascuno del fruire di un sito.

La comunicazione non è più unidirezionale ma diventa a più vie.

I siti diventano interattivi, si può creare e gestirne il contenuto e condividerlo con altri.

Appartengono a questa categoria tutti i siti che permettono ai loto utenti di generare contenuti e condividerlo con altri, i blog, i social network come facebook o youtube, le enciclopedie come wikipedia…

Si passa cioè da un web in cui l’informazione si prende soltanto, ad un web partecipativo, nel quale si contribuisce a creare e diffondere informazione (o, anche disinformazione! ma questo è un argomento diverso!)

 

Il web 3.0

web 3.0Solo un paio di anni dopo, siamo nel 2006, si parla già di web 3.0, che non è quindi un a novità.

Qual è il concetto nuovo che viene introdotto?  Se nel web 2.0 il centro dell’attenzione diventa l’utente, nel web 3.0 sono le macchine a diventarne il baricentro.

Si parla di web SEMANTICO, un web dove le informazioni possono essere analizzate e utilizzate per crearne di nuove: un passo evolutivo verso l’intelligenza artificiale (qualcuno aggiunge collettiva).

Non tutti sono d’accordo con questa definizione, e preferiscono indicare con il termine web 3.0 il web della personalizzazione: un web dove i contenuti (creati da aziende o altri utenti) possono essere aggregati in modi nuovi dagli utenti stessi, con il supporto di strumenti e linguaggi nuovi.

Farebbero parte del web 3.0 quindi tutti i siti di social bookmarking, per esempio, siti cioè in cui ogni utente diventa curatore di un proprio contenitore di informazioni (trovate in rete) e che mette a disposizione di altri.

Secondo altri ancora sono parte del web 3.0 tutti quei siti e tecnologie che permettono di traghettare il web2.0 verso un modello di business che faccia profitto, ma questa, tra tutte, mi sembra quella meno appropriata: se fatto bene e da professionisti anche un sito web 1.0 può dare profitto o contribuire ad un ritorno positivo e concreto per chi lo ha creato.

Io credo che il web 3.0 sia il web dei dati: ogni minuto che passa, sul web (2.0) viene generata una mole enorme di dati.  La gestione, l’analisi e interpretazione di questi dati per proporre nuovi contenuti, per far arrivare le informazioni giuste nel momento giusto alla persona giusta: questo è web 3.0

Facebook come social network è un sito web2.0: Generosamente mettono a disposizione di 900 milioni di utenti server potentissimi e con uno spazio disco enorme, perché ne facciano quello che vogliono. Una favola!

La realtà è che Facebook (ma non è l’unico) è  invece già web 3.0: i suoi enormi database, analizzati da specifici algoritmi, a aperti all’analisi di altri sviluppatori attraverso interfacce apposite (API), permettono alle macchine (e non più agli umani soltanto) di capire (e carpire) le informazioni.

In altre parole, con il suo open graph protocol, facebook classifica e categorizza le informazioni nei suoi database, permettendo ad altri programmi e servizi web di usufruirne, creando altre interazioni che vanno ulteriormente ad arricchire questo web 3.0!

Ma gli effetti pratici quali sono? Da soggetto del web, da creatori di contenuti, siamo diventati anche oggetto del web: Ogni mi piace, ogni visita, condivisione, interazioni, sono registrati e analizzati per offrirvi altre informazioni, pubblicità. In vortice che, secondo alcuni, sta in realtà impoverendo il web.

Perché, anche tramite una semplice ricerca su google, non pensiate di trovare tutto su un argomento e che i risultati siano gli stessi per tutti: a voi verrà offerto un risultato che il sistema ha giudicato rilevante per voi stessi, ed è perciò diverso da quello di vostro cugino americano o thailandese.

Potete vedere, a questo proposito questo video:

 

EPPOI? il web 4.0!

 

Pensateci bene: facendo una semplificazione estrema, tralasciando le evoluzioni delle tecnologie, tutte le versioni precedenti del web si appoggiano, in realtà, ad infrastrutture non molto diverse da quelle esistenti nel 1995. Macchine e dispositivi che si collegano e danno accesso alle informazioni e ne permettono fruizione e condivisione.

Per alcuni il web 4.o, di cui si inizia a parlare già nel 2008, ma solo da un punto di vista di tecnologie utilizzabili, è lo stadio in cui si passa al coinvolgimento dell’utente, non più soggetto passivo della comunicazione (web 1.0), non solo attore nella comunicazione (web 2.0) e neppure più oggetto della comunicazione: L’utente diventa parte della comunicazione, ne viene coinvolto e si fa, per esempio, ambasciatore di una marca o prodotto, lo si aiuta a replicare l’esperienza del web in qualsiasi momento e luogo.

Il web diventa pervasivo e attraverso tecnologie come gli smartphone, la realtà aumentata, gli RFID, la stampa tridimensionale, gli occhialini 3d, l’internet elle cose… ne siamo quasi assorbiti!

Chi prospetta uno scenario alla Matrix, chi alle Wall-E, in cui gli umani non fanno più nulla senza l’appoggio delle macchine, che si diventi come in questo video?

 

 

 

Buona navigazione! Se avete trovato utile o interessante questo articolo, mettete un mi piace, basta cliccare sul pulsante LIKE. Se poi passate da questa pagina… ancora meglio! insomma…me lo offrite un caffè?