Marchiondelli

Meerkat è una applicazione di livestreaming: come altre, ti permette di riprendere con lo smartphone o tablet e condividere in tempo reale con i tuoi seguaci twitter ciò che riprendi.

Debutta il 27  febbraio, raccoglie consensi e premi e, soprattutto, raccoglie oltre 100mila utenti in poche settimane.

Si integra (dovrei dire, integrava, ormai) strettamente con i dati degli utenti Twitter (il socialgraph, dovrei scrivere), e così chi si iscrive, facendolo attraverso il proprio profilo Twitter non deve fare nulla: Meerkat avrebbe notificato in automatico i seguaci (follower) twitter di chi avvia una trasmissione video dal vivo.

Meerkat è una app gratuita e può quindi essere scaricata liberamente.

Twitter però non ha gradito. Aveva annunciato già a gennaio di voler acquisire una azienda che faceva livestreaming, la  periscope, per integrarla nella propria piattaforma. Acquisizione resa ufficiale  il 13 marzo.

Venerdì scorso, con un preavviso di sole due ore, Twitter ha chiuso a Meerkat la possibilità di notificare i seguaci dei propri utenti l’avvio di una trasmissione dal vivo.

Il fondatore di Meerkat, Rubin,  ha dichiarato a Fast company che si aspettavano una simile mossa:

Non siamo ingenui, sapevamo che sarebbe arrivata. Pensavamo di avere almeno due settimane di preavviso, un gioco più leale

Avevano quindi già preparato un piano B: gli utenti possono accedere e iscriversi a Meerkat con le credenziali Twitter, ma i loro seguaci non riceveranno più le notifiche automatiche. Gli utenti di Meerkat dovranno quindi notificare e invitare su meerkat i propri follower autonomamente, ricostruendo così la loro rete sociale twitter dentro meerkat.

Il portavoce di twitter ha dichiarato che la mossa

è coerente con le nostre regole

 

L’aspetto divertente della faccenda, dichiara ancora Rubin e che a ottobre twitter annunciò  Fabric, una piattaforma di sviluppo per incoraggiare lo sviluppo di app su twitter. Jeff Seibert, responsabile di prodotto di Fabric, la descrive come

Una piattaforma mobile modulare che rende facile per gli sviluppati creare app grandiose.

Finché non creano una vera app grandiosa, e allora la chiudono, chiosa Rubin, riferendo la battuta fatta fa un suo amico, appresa la notizia che twitter aveva loro precluso l’acceso ai dati del social graph.

Mi rendo conto che se la casa è tua, tue sono le regole

prosegue Rubin, ma potevano dire “Sto per lanciare la mia app, non voglio darti accesso ai dati. Due ore di preavviso è un atteggiamento aggressivo e non favorevole alla costruzione di una comunità”

Chi ha ragione? Entrambi, secondo me.

L’insegnamento da trarre in questa vicenda però è prezioso più della storia da cui scaturisce.

Non sono certo il primo a scriverlo o dirlo, ma è bene ricordare che twitter (o facebook, o google, o pinterest, fate voi) posseggono la piattaforma social su cui state operando. E che possono cambiare le regole del gioco come e quando vogliono: sono lì per fare profitto e non per offrirvi benefici gratis. Non sono interessati a fare le cose giuste per voi. Ma le cose giuste per massimizzare il loro profitto, anche a costi di scontentare qualcuno.

In questi anni ho sentito tante proteste contro questo o quel cambiamento, con seguito di proposte di boicottaggio o petizioni.

ma siamo tutti comunque li, sui social.

I più furbi o quelli più attenti a cogliere i suggerimenti dei primi, hanno capito già da tempo che non va bene scommettere su una piattaforma altrui, sviluppando solo lì le proprie strategie di comunicazione e marketing.

Ci vuole un piano B.

o ancora meglio, avere una strategia in perenne aggiornamento e che utilizzi i social più opportuni e adeguati, ma che abbia al suo centro il proprio sito, la propria piattaforma.

Lo diceva già qualche anno fa Marco Camisani Calzolari, che ci ha fatto pure un libro (fuga da facebook) e il bravo e compianto Marco Zamperini in un video girato a Smau, in cui facebook veniva rappresentato da un componente della banda Bassotti. Mi aiutate a ritrovarlo?

Grazie Marco Camisani Calzolari, che mi ha inviato il link in un nanosecondo: ecco, godetevi questi video di quasi tre anni fa. profetico, no?